sabato 16 gennaio 2010

Brother


REGIA:
Takeshi KITANO

PRODUZIONE: U.S.A./Jap/Gb - 2000 - Dramm.

DURATA: 110'

INTERPRETI:
Takeshi Kitano (Beat Takeshi), Omar Epps,
Claude Maki, Masaya Kato, Ren Osugi

SCENEGGIATURA: Takeshi Kitano

FOTOGRAFIA: Hitoshi Takaya

SCENOGRAFIA: Norihiro Isoda

MONTAGGIO: Takeshi Kitano - Yoshinori Ota

COSTUMI: Yohji Yamamoto

MUSICHE: Joe Hisaishi


La storia di Yamamoto, membro della Yakuza, a cui è stata sterminata la famiglia in Giappone dalle bande rivali, che decide di andare in America a trovare suo fratello Ken, arrivato negli States per motivi di studio, diventato nel frattempo piccolo spacciatore di droga. L'imperscrutabile Yamamoto, pur non conoscendo una sola parola d'inglese, decide di unirsi al fratello e al suo clan, per assumere il controllo del traffico della droga a Los Angeles. Il potere della nuova famiglia, da lui costituita, viene però fortemente contrastato dalle altre associazioni mafiose della città. Inizia una vera e propria guerra tra i clan.

Trionfo dell'ortogonalità, scoppio dello statico di contro alla "metafisica della velocità che elimina il pittoresco naturale ", afflusso del fisico, questo porta Kitano a Los Angeles. Quadri fissi panoramicano sul vetro-metallo postmoderno meglio di qualunque ripresa aerea ("The Million Dollar Hotel" di Wenders) sui grattacieli, sulle luci verdi e grigiazzurre dei loft. Il sentimento ha le lettere sbavate di BROTHER, o l'ideogramma della morte composto nel sangue con cadaveri sul parquet della palestra-ufficio; a legare i poveri burattini di Kitano, oppressi dalla loro stupidità ed arroganza, resistono rituali feudali da bushido, la cerimonia dell'accettazione con i fogli di carta di riso lindi e perfettamente disposti, i movimenti stilizzati della cessione della propria vita, il sorseggio del sakè benedetto, mignoli tagliati, sventramenti autoinflitti senza gemiti. Degli uomini resistono le pulsioni infantili, l'unione appunto avviene nel gioco, nel barare scherzoso ai dadi: di fronte all'oceano Pacifico, la stessa acqua, quindi la stessa vita e la medesima morte, gli stessi uomini, si rincorre una palla da football, ci si libera dal timore della solitudine sancendo la solidarietà del gruppo, l'unica cellula accettabile.
Il contrasto tra due culture (non si badi allo stupro del doppiaggio: nell'originale le due lingue coesistono) è nell'espressione: la logorrea americana, cialtronesca vive di sghignazzi contro i silenzi accigliati dei japs riassunti in Beat Takeshi con il suo riso di sospiro; uguali i pensieri.
La necessità che regola i rapporti mafiosi porta alla guerra spietata, un bagno si sangue, luminescente tripudio di flash esplosi da mitra e pistole automatiche, ad illuminare una sequenza di ultimi istanti, riflessi sulle nere limo. Aniky non accetterà l'ultima sfida, ne è sempre stato cosciente, "moriremo tutti" sentenzia, non conta. Morta la sua donna, in modo atroce, gli resta solo un amico, Dennis e fa in modo di salvarlo, è sua la fine nel sangue, sua l'oscena esistenza di brutalità inutili e ritualizzate che deve terminare: steso disarticolato come un eroe del bunraku , grottesco ed immerso nel suo sangue. Una gru a salire oltre il tetto del diner (Welles?), riporta alla vita ed al ricordo di un amicizia strampalata, nelle parole e negli occhi lucidi di chi vivo non sa cosa fare di sé e copre la sua solitudine di parole.
Un'altra figura di yakuza si aggiunge nella filmografia di Kitano, con i toni questa volta del marrone e del grigio, lontano dallo sfavillio di "Sonatine" e "Hana-Bi" ma con il medesimo senso della messa in scena e con la stessa poetica: nell'atroce esistenza senza significato di una pedina può sgorgare l'emozione così come da una sanguinosa sparatoria, su di un muro blu, spuntano purpurei fiori di loto.

GUARDA IL FILM

Nessun commento:

Posta un commento