martedì 22 dicembre 2009

Akira


Genere: ANIMAZIONE
Durata: 124 min
Prodotto nel 1988 da Ryohei Susuki, Shunzo Kato

Siamo nella Nuova Tokyo del 2019. Quella vecchia, per la cronaca, è stata coventrizzata a seguito della Terza Guerra Mondiale conclusasi nel 1988. Nuova Tokyo è una sorta di Babilonia veterotestamentaria, una città allo sbando, mal governata e lasciata a sé stessa, in cui i giovani non trovano di meglio da fare che organizzarsi in bande di centauri e scorrazzare qua e là, in una lotta continua fra gang, e in cui i gruppi di rivoluzionari tentano in ogni modo di modificare lo status quo. Fra le varie bande di giovani motociclisti c’è quella capeggiata da Kaneda, in continua lotta con i rivali Clowns. Compagno di Kaneda è la mascotte Tetsuo, il più giovane del gruppo, in sostanza il classico sfigato, un po’ succube del carisma del capetto e
inconsciamente insofferente per questa situazione.

Le cose cambiano quando Testsuo si imbatte in uno strano bambino dal volto incartapecorito come quello di un vecchio: si tratta di uno degli Esper, persone con poteri psichici frutto di esperimenti governativi, fuggito, grazie ai rivoluzionari, alla cattività in cui l’esercito l’aveva coattamente rinchiuso. Quando le forze speciali, condotte da un colonnello grande, grosso e marziale, si palesano per recuperare l’Esper, Tetsuo è lì con lui, e viene anch’egli prelevato, rinchiuso e sottoposto a degli esperimenti per risvegliare la sua forza psichica. Qualcosa non va come dovrebbe: Tetsuo acquista incredibili poteri, ma allo stesso tempo perde la testa. Vuole rifarsi di tutta una vita in cui è stato la spalla del capo, conquistando, con la forza, potere e onori. Il suo obiettivo, quindi, è quello di trovare e distruggere Akira, l’unico Esper in possesso di poteri più grandi dei suoi.


I Cultissimi di Cineblog: Akira di Katsuhiro OtomoI Cultissimi di Cineblog: Akira di Katsuhiro OtomoI Cultissimi di Cineblog: Akira di Katsuhiro Otomo

In riferimento alle opere d’ingegno è piuttosto inflazionato il termine “capolavoro”.

Tale appellativo dal significato ben preciso viene speso spesso e volentieri in modo improprio e fuorviante, sicché un pastrocchio dalle dimensioni di un francobollo dipinto da un pittore celebre, il più scialbo dei romanzi di un autore di best-seller, la più stonata composizione di un musicista di successo e il più vacuo film di un regista campione d’incassi vengono definiti “capolavori”.

È l’euforia dei linguaggi che impedisce l’attribuzione del giusto peso alle varie manifestazioni artistiche.

Ma la storia è un giudice molto più rigoroso, capace di restituire con precisione clinica il corretto valore a ciascuno degli innumerevoli figli della creatività

Alla storia non sfugge la moltitudine di proseliti di Neuromante, così come è attenta alle influenze che Blade Runner ha avuto sulla fantascienza in ogni sua forma, mentre relega in un secondo piano le opere all’inizio incautamente incensate.

In base a questi principi, Akira è un capolavoro autentico, nel rispetto del significato letterale del termine.

Si tratta di un manga (nonché di un film di animazione) che ha mutato profondamente l’immaginario giapponese, ma ancor più è riuscito a portare all’attenzione del pubblico occidentale una fantascienza nipponica dalla complessità e dalla maturità ben maggiori di quanto prima si sospettasse.

Apparso per la prima volta sulle pagine di Young Magazine, Akira è considerato a ragione l’opera principale di KATSUHIRO OTOMO, personalità eclettica capace di cimentarsi con la china o dietro la camera da presa con risultati ugualmente considerevoli.

Siamo di fronte a una storia e a un autore da cui hanno attinto moltissimi seguaci (occasionali o meno) e persino nella fantascienza giapponese più recente è possibile trovarne profonde tracce. Particolarmente significative alcune analogie tra il film diretto da Otomo e il più notevole fenomeno della fantascienza del Sol Levante degli ultimi anni: Neon Genesis Evangelion di HIDEAKI ANNO.

L’utilizzo delle musiche, dei silenzi e della dimensione onirica è straordinariamente simile nei due casi, così come vi sono importanti congruenze tematiche: l’apocalisse, la crudeltà delle sperimentazioni genetiche sull’uomo, l’evoluzione forzata della nuova umanità, il coinvolgimento di persone comuni in contesti al di là della loro portata, la scelta tra etica e necessità, per citarne solo alcune.

Tra la schiera di potenziali eredi di Katsuhiro Otomo il più accreditato è probabilmente RYOJI MINAGAWA, co-autore di Arms (vedi Continuum n° 12) e che vanta tra le sue fortunate produzioni il noto Spriggan.

A questo proposito vale la pena spendere due parole in più: Spriggan è stato trasposto in una versione cinematografica anime, la cui supervisione è stata affidata proprio ad Otomo.

Una benedizione? Una sorta di passaggio del testimone? È possibile, ma sono affermazioni su cui andare cauti, almeno per un paio di motivi.

Il primo è che Otomo non ha ancora appeso i pennelli al chiodo. Soprattutto non ha affatto abbandonato l’animazione, viste le uscite di Metropolis e del recentissimo Steamboy.

Il secondo è il pericolo di confondere l’oro con l’ottone: Minagawa è senz’altro un buon mangaka, ma la sua storia e il suo bagaglio tecnico non sono oggettivamente paragonabili a quelle del suo ideale maestro, che lo sovrasta per pulizia del tratto e per completezza.

Otomo è infatti uno dei pochi mangaka capaci di curare completamente un’opera, ovvero testi e disegni, senza mai scadere da una parte o dall’altra. Per capire la singolarità della cosa, basti confrontare questo autore con altri due dei più celebri fumettisti del lontano Oriente: RUMIKO TAKAHASHI (buone storie almeno nella maggior parte dei casi, ma disegni abbastanza essenziali) o MASAKAZU KATSURA (una tecnica grafica eccellente illustra narrazioni prive di spessore e sovente cariche di ingenuità veramente irritanti).

Otomo al contrario non lascia nulla al caso, e Akira è la migliore testimonianza della sua grande meticolosità.

GUARDA IL FILM

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