giovedì 24 dicembre 2009

Anche i NANI hanno cominciato da piccoli




Attori:
Helmut Doring, Gerd Gickel, Paul Glauer
Registi:Werner Herzog
Casa Distribuzione:CECCHIGORI
Sottotitoli:Italiano
Lingua Doppiaggio:Tedesco
Produzione italiana:No
Durata:96
Anno Produzione:1970
Vietato ai minori:No
Formato Video:
Formato Audio:STEREO
Area DVD:2


Come in Viale del tramonto così in Auch zwerge haben klein angefangen, il film inizia a cose già fatte; dalla fine. Ma il parallelo si spegne qui. Se nel primo il protagonista è annegato in piscina e – ciononostante – racconta com’è successo; nel film di Herzog non abbiamo un unico protagonista, ma un primus inter pares: Hombre, arrestato, è chiuso in una stanza e si aspetta che confessi. Non è il protagonista del film, eppure resterà nella memoria dello spettatore… Lui ed altri complici sono tacciati dei seguenti reati: rivolta e sequestro di persona. Ed ecco che parte il flashback. Pepe è rinchiuso in un piccolo edificio con un disperato educatore che chiede aiuto mentre, all’esterno, gli amici di Pepe organizzano una vera e propria sommossa per penetrare all’interno e proclamare disordine ed anarchia.
Il giovane Herzog realizza un film perfettamente in sintonia con quella che sarà la sua poetica, diluita negli anni e in tanti film, non scindibile da un fenomeno indiscutibile: è matto. Era e lo sarà anche adesso. In quest’affermazione c’è l’affetto di un estimatore del suo cinema: non si tratta di sola impressione, Herzog l’ha ammesso e Kinski l’ha confermato. Certamente tra i due è difficile scovare un po’ di ridente sanità mentale, certo un documentario strepitoso come Il mio nemico più caro può facilitare la cosa: dopo vicende più bizzarre degli stessi film herzoghiani, i due si incontrano per una rassegna stampa e si dicono a vicenda “No, è lui il più matto”. Alla fine arrivano ad un compromesso: è Herzog. Certo, vedendo il film in questione i dubbi rimangono.
Ponendo che Kinski in quest’occasione abbia detto il vero, tutto è reso più facile e comprensibile.
Il regista di Il paese del silenzio e dell’oscurità e Cobra verde non rinuncia ad un aspetto stabile della sua personalità: l’estremismo. Un estremismo dopotutto produttivo, che sfocia nell’arte in grottesco, la vita privata non ci riguarda. E sono i film come questo che mettono alla prova quegli spettatori onesti che si consolano col vivo desiderio di scoprire chi è capace di parlare una lingua diversa ma con parole note a tutti.
Altra parola chiave che viene in mente quando si parla di Herzog è sensibilità. Verso gli spettatori, verso gli attori, verso la storia che viene raccontata. Che essa sia una parabola o un semplice mosaico di ricordi. Come conciliare il rude estremismo e la sensibilità? Herzog non rinuncia a vivere rudemente per mettere in scena la delicatezza di certe immagini, viceversa trasforma argomenti terribili in sottili trame visionarie (il tema dell’immortalità in Nosferatu).
Anche i nani hanno cominciato da piccoli è un film rude in quanto è molto lontano dal perfezionismo di stampo hollywoodiano, estremo perché le scelte stilistiche lo sono, a partire dalla trama di base ossia un mondo abitato da “diversi”, e qui si aprono molte strade sarebbe bene tralasciare per non perdersi. La sensibilità è sopita ma c’è: la vestizione degli insetti per esempio è un’oasi di ludico ritorno all’infanzia, dove le bambole son sostituite da grilli e farfalle. Tutti intorno ad un carillon di minuziosi vestiti, una sfilata di moda tinta di venature horror. Il bianconero in questo senso diviene quasi obbligatorio: se Freaks non è il modello dichiarato, ne è padre putativo.
E in Freaks il tema del “diverso” era dominante, perché si opponeva ai normali e ne sottolineava un’inevitabile collisione: qui non ci son diversi e non ci sono normali, o meglio: l’unica differenza – che presuppone un conflitto – è tra esseri umani e l’ambiente in cui tentano di sopraffarsi e che tendono a voler sopraffare.
Una sequenza esemplificherà questa tesi: l’educatore riesce a fuggire, mentre sfocia alle sue spalle il caos più insulso: corre via lontano dalla “civiltà” impazzita e si arresta di fronte ad un arboscello rinsecchito. Sembra che questi con uno dei suoi rami indichi qualcosa di indefinito. Forse alza il suo braccio semplicemente perché gli va: è un’interpretazione favolistica ed è appunto questa che sposa il piccolo uomo. “Brutto porco! Abbassa quel braccio!”, dice. Nasce una sfida. “E va bene, allora anche io alzo l’indice verso di te!” continua l’omino. “Vediamo chi resiste di più”.
È un’allegoria semplice ma delicata.
L’estremismo di Herzog ha una moralità che non tradisce mai: non si abbassa a disgustare lo spettatore. Eppure il suo cinema non è fatto di rose e fiori, si insinua in mondi irti e difficili da analizzare, sia che adotti lo stile documentaristico che la finzione, non rinuncia al fascino: un dono che hanno i poeti e i grandi narratori. Specie se non di solo fascino si issano.
Hombre, si diceva a inizio pagina. Il primo ad apparire nel film, nei titoli di testa, in un’immagine non del tutto casuale, la prima in assoluto. Si noti la simmetria insistita della stanza. Due finestre speculari, annesse alle quali due ante anch’esse simmetriche fra loro. Ed il pavimento, con le linee delle mattonelle che si incontrano in un punto di fuga centrale: è qui che sta Hombre, seduto su una sedia troppo grande, con le gambette che penzolano in aria. La diversità è accennata in questo, da subito: la stanza è troppo grande, la sedia troppo alta. Quando si affaccia alla finestra, pochi secondi dopo, si vede un panorama con dei grattacieli. Più in alto degli alberi, al di sotto delle montagne. Potrebbe essere la posizione da cui Herzog guarda questo mondo di piccoli ometti frenetici, dall’alto appunto, una visione mitizzata e alterata. Perché rappresenta una scenografia a misura d’uomo, ma non dell’uomo presente nel film: i nani del titolo sono gli unici esseri viventi in questo microcosmo, che micro alla fine non è. Anzi: non sono loro ad essere piccoli è proprio il mondo che è troppo grande. Per loro. Che non è su misura come a Hollywood, nemmeno il mondo troppo piccolo per la scienza * – l’anno è lo stesso dello sbarco sulla Luna – in confronto all’Universo, ma forse per la prima volta al cinema: troppo grande. E non per disavventure fantascientifiche – protagonisti rimpiccioliti come in Radiazioni BX di Arnold, 1957…
Basti vedere la sequenza in cui gli attori chiudono scherzosamente Hombre e un’altra nanetta in una stanza da letto perché vogliono che si “sposino” e Hombre non riesce nemmeno a salire sul letto – non solo incapaci di affrontare la Natura, ma vittime di una propria creazione, la più banale, un letto troppo alto.
Non mancano le scene divertenti, oltre quella appena citata, l’immancabile Hombre rimane impresso allo spettatore per la sua memorabile, peculiare risata. La prima sequenza da citare è quando, in piedi fra dei barili, ride sguaiatamente movendosi come un bambolotto al ritmo di “ah ah ah! Polizei!”. Da rivedere all’infinito. Specie quando lo spettatore attento noterà che un’attrice non finisce una frase a causa proprio di una risata contagiosa dell’omino appena citato. Fosse solo questo. Il finale: caotico, rivoluzionario, irreale ha un perno principale di ineffabile bellezza.
Il nano Hombre che ride di un cammello.

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