domenica 20 dicembre 2009

Il ritorno di Cagliostro





Regia: Daniele Ciprì e Franco Maresco

Interpreti: Robert Englund, Luigi Maria Burruano, Franco Scaldati, Pietro Giordano, Mauro Spitaleri, Davide Marotta, Franco Vito Gaiezza, Margareth Woodhouse, Gino Carista, Giacomo Civiletti, Gaspare Marchione, Piero Restivo, Carlo Giordano, Toni Bruno, Maurizio Laudicina, Gregorio Napoli, Tatti Sanguineti

Soggetto: Daniele Ciprì, Franco Maresco, Lillo Iacolino

Sceneggiatura: Daniele Ciprì e Franco Maresco

Fotografia: Daniele Ciprì

Scenografia: Cesare Inzerillo, Nicola Sferruzza

Costumi: Patrizia Quaranta

Musica: Salvatore Bonafede

Montaggio: Fabio Nunziata

Produzione: Cinico Cinema, Rai Cinema, Istituto Luce con la partecipazione di Tele +

Paese: Italia Anno: 2003

Durata: 103’

Distribuzione: Istituto Luce


Si ride fino al mal di pancia e mentre scorrono i titoli di coda la prima domanda che viene in mente è: "davvero gli italiani si scompisciano con Boldi e De Sica?" La seconda ha a che fare con la perseveranza necessaria a cineasti come Ciprì e Maresco per affrontare i produttori di oggi, oltre che, si capisce, la grave necrosi culturale della nazione. Più stomaco che fermezza, forse. Una minaccia che ai tempi de Lo Zio di Brooklyn (1995) sfruttò l’opportunità di realizzare un lungometraggio per poi offrire alla fine del decennio scorso l’apocalittico Totò che visse due volte come bersaglio ai tiratori scelti della censura, a preti mancati e loschi opinion makers nostalgici dell’Inquisizione.

Il film che non c’era, che ha rischiato di non esserci per una serie fortunatamente non infinita di ostacoli produttivi, è poi uscito nelle sale. Dopo una vetrina a Venezia, Mauro Spitaleri ne Il Ritorno di Cagliostroaddirittura, nella sezione ‘Controcorrentè (tra Pitons di Laila Pakalnina, Lost in translation di Sofia Coppola e il ‘dogmatico’ giochino Dem fem benspaend di Jørgen Leth e Lars von Trier), con quella lapidaria battuta proprio all’inizio sullo stato del cinema italiano accostato ad un piccolo gregge; con Santa Rosalia da Palermo, Lucky Luciano, Orson Welles, un cardinale che sembra Bin Laden e la ‘minchia’ da tutte le parti.

Carne, sempre carne. Non c’è odore di plastica nel cinema dei due palermitani, ma sudore di corpi in stato avanzato di disperazione, una rigorosa frequentazione di territori lontani non dal pubblico, come insinua qualche ipocrita con fare rassicurante, ma dall’intero sistema commerciale cine-televisivo. Cagliostro ritorna dal futuro del Cinico Cinema, in anticipo su Il Ritorno del re di Peter Jackson e sui pacchi e contropacchi che il grande pubblico si vedrà recapitare a Natale. È un ritorno ‘mutantè in bianco e nero e a colori, in cinemascope, in digitale, da un numero imprecisato di false partenze, da un set più volte smontato e rifatto, dalle voci che negli ultimi quattro anni indicavano il film come un horror cupo e malinconico (e in parte lo è sicuramente, occupandosi di necrofilia cinefila), poi Robert Englund ne Il Ritorno di Cagliostrocome il seppuku in grande stile della ditta.

L’immagine è a pezzi, restituiamole la possibilità di colpire davvero, oppure proviamo a raccontare ciò che era una volta l’immagine: questa è la partita. Pino Grisanti, sedicente regista, liquiderebbe la faccenda come una "minchiata". Sprezzante, pavido e gretto, egli è un mammifero che pensa al pane quotidiano, non all’arte. Logico che si camuffi da Nosferatu non per togliersi lo sfizio di un cameo (alla maniera di Hitchcock o di Tinto Brass) ma per aggiungere una comparsa in più al film scalcinato che sta girando. Necessità, niente altro. Nell’anno di (dis)grazia 2003, in Sicilia, qualcuno ritroverà le pizze perdute di una pellicola incompiuta e la notizia occuperà le pagine culturali locali. Scenderanno in campo eminenti critici, si ascolteranno i testimoni dell’epoca, si tenterà un’accurata ricostruzione dei fatti: cosa accadde veramente?

"Minchiate" anche queste: l’attore protagonista si è sfasciato, è morto, è ai matti, spegnete il motore

GUARDA IL FILM

Nessun commento:

Posta un commento